martedì 21 febbraio 2023

Il caffè di Luz e Marina: “La tua assenza è tenebra” di Jón Kalman Stefánsson

Appuntamento con "Il caffè di Luz e Marina"

È da un po’ che non parlo di libri; non ho fatto che lamentarmi di opere brutte o insoddisfacenti, nell’ultimo periodo, salvando solo i classici. 
Ora, finalmente, sono felice di annunciare la bellezza di un romanzo che merita tutta l’attenzione possibile e felice di accoglierlo nella classifica (esigue) delle mie letture preferite. Si tratta di “La tua assenza è tenebra”, scritto da Jón Kalman Stefánsson, autore islandese che ho conosciuto con un’altra pregevole opera, anni fa: “Luce d’estate ed è subito notte”. Io e Luana abbiamo pensato di farne oggetto del caffè di questo mese: una lettura condivisa, che entrambe abbiamo amato.

Occorrerebbe parlare a lungo di questo libro, perché pieno di suggestioni meritevoli di approfondimento, di particolari che una degna recensione non dovrebbe farsi sfuggire. Nel nostro caffè non abbiamo esaurito l’argomento, purtroppo, ma abbiamo messo sul piatto gli elementi principali del romanzo, per suscitare la curiosità dei nostri visitatori certo, ma anche per dare valore a ciò che questa lettura ha suscitato in noi.

La sinossi riportata nelle piattaforme on line in cui è presente il titolo usa poche parole per aprire un mondo, in realtà, molto più complesso, fatto di persone protagoniste di vicende vissute in epoche diverse, tessere di un ampio puzzle che si compone nell’arco di centoventi anni. All’inizio ho fatto fatica a ricordare i nomi (anche perché siamo in Islanda, dove ci sono lettere dell’alfabeto che non trovano corrispondenza nel nostro), allora, come altre volte, in casi analoghi, mi sono venuti in soccorso schemi e alberi genealogici improvvisati su un foglio e tutto mi è parso più facile da seguire. Poi, una volta entrata nell’onda della narrazione, il continuo fluire fra presente e passato non ha richiesto uno sforzo supplementare e mi capitava di tardare la chiusura del libro perché incastrata tra le pagine piene di poesia e spunti di riflessione. Solo l’incipit è un piccolo capolavoro: 


“Le cose davvero importanti ti lasciano addosso un segno indelebile, sentimenti profondi, esperienze difficili, traumi, felicità intensa; dolori o violenze che colpiscono la società o il tuo mondo possono penetrarti dentro a una profondità tale da iscriversi nei geni che poi li tramandano di generazione in generazione, forgiando così chi ancora non è nato. È una legge di natura. I geni trasportano le sensazioni, i ricordi, le esperienze e i traumi da una vita all’altra, e in questo modo alcuni di noi esistono ben oltre la loro dipartita, ben dopo essere stati dimenticati del tutto. Il passato, pertanto, ce lo portiamo costantemente dentro. È un continente inviolabile, misterioso, che talvolta si lascia percepire tra il sonno e la veglia. Un continente con rilievi montuosi e distese marine che influiscono in maniera stabile sul clima e le variazioni di luce che abbiamo in noi.”


Questo è un romanzo che parla di scelte che forgiano destini, di donne apparentemente fragili e di uomini apparentemente forti; di felicità sfiorate, occasioni perdute, di tradimenti e delusioni; di sensi di colpa, di perdono chiesto alla vita e di musica, tanta musica. Mi piacciono i libri con la colonna sonora: in questo, mi sono spesso trovata a cercare i brani presenti nella narrazione e ad ascoltarli pensando a ciò che stavo leggendo (alla fine del libro c’è persino l’elenco delle canzoni di una playlist spesso citata, dove ho ritrovato i miei adorati Cure, i Pixies, David Bowie, Morrissey, Nick Cave e tanti altri). Il tutto sullo sfondo di una terra lontana e affascinante, l’Islanda, con le sue brughiere, l’attività agricola affiancata alla pesca nel fiordo, il cielo stellato e un clima estivo che io, abituata alle temperature africane, ho invidiato.

Se devo muovere una critica (a parte il formato scomodo dell’edizione Iperborea), la sollevo sul mistero irrisolto intorno a taluni elementi del romanzo, che ne rendono un po’ ostica la comprensione, ma alla fine, di questi passaggi rimane solo una superabile curiosità, perché tutto il resto sovrabbonda di significati che cancellano dubbi e domande senza risposta.


A questo punto, vi invito a partecipare al nostro caffè: questa volta, io e Luana vorremmo proprio convincervi a leggere il bellissimo romanzo di Stefánsson.

Ma fatelo non prima di avere annotato la ricetta di questo mese: per l’occasione ho preparato dei bon bon all’arancia, che dovete provare:



Bastano pochi ingredienti:

 

60 g di amido di mais

120 ml di succo di arancia 

100 g di zucchero

La scorza grattugiata di un’arancia


Spremete le arance e versatene il succo in un pentolino;



aggiungete la scorza grattugiata dell’arancia e l’amido di mais;

mescolate fino al completo scioglimento dell’amido e mettete sul fuoco a fiamma bassa;

continuate a mescolare finché il liquido non si condensa, formando un panetto;


 



disponetelo dentro uno stampo per plumcake rivestito con carta da forno e livellatelo; tenete il tutto in frigo per un’ora, poi rigirate la mattonella che si è formata su un piano e tagliatela in modo da formare dei quadratini; passateli nello zucchero...


...e il gioco è fatto!



Mi piace concludere questo post con un passaggio tratto da una delle tante pagine commoventi del romanzo e con il brano che le accompagna:


“Adesso possiamo anche rientrare, aveva detto Halldór, aveva tirato su la lenza, acceso il motore, chiesto a suo fratello di mettersi al timone, si era chinato accanto al registratore, aveva versato del vino rosso nel bicchiere, abbassato il volume della musica, mandato il nastro della cassetta avanti veloce, l’aveva fermato, aveva ascoltato, l’aveva riavvolto un poco più indietro, poi si era alzato con il bicchiere in mano e aveva annunciato: ragazzi, questa non è una canzone, è una catena montuosa. E sarà la nostra canzone. Da qui in avanti ogni volta che la sentiremo ci ricorderemo di questa giornata, di questi momenti passati insieme. Poi Halldór aveva riavviato il registratore e loro erano rientrati a casa con il pesce per la cena, in ascolto, felici di avere trascorso quei momenti insieme mentre Paul McCartney cantava per loro, per la baia, per il fiordo, per il sole e per la riva che scintillava, la riva che riecheggiava e i cinque gabbiani che si libravano sopra la barca eternamente affamati: 

And when I go away 

I know my heart can stay with my love...

Cos’altro possiamo dire se non: che tempi!

Per quale motivo giorni come questo devono finire, perché la felicità non si ferma quando ci raggiunge, così che la possiamo portare attraverso la vita come la tartaruga porta la sua casa, come uno scudo invincibile contro le frecce dell’infelicità?”








10 commenti:

  1. Come scrivevo sul blog di Luana, per affrontare un libro così ciclopico devo prima ritrovare lo spirito adatto. Nel frattempo mi annoto sicuramente la ricetta dei tuoi bon-bon ;-)

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    1. A onor del vero, il libro è di 600 pagine nel formato Iperborea. Secondo me, in un formato standard potrebbe tranquillamente ridursi alla metà. Pensa che io, in un giorno e mezzo, sono riuscita a leggere 100 pagine. Spaventa, ma non è realmente condizionante.
      La ricetta è senza cioccolato, dunque puoi annotare :P

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  2. Meraviglioso l'incipit, Marina.
    Non faccio fatica a credere che le tue letture di autori contemporanei siano state deludenti. Ormai anch'io mi volgo sempre più ai classici!

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    1. E poi, quando leggi il libro, capisci ancora di più il senso di quell'inizio così potente.
      Non sai quanti classici mai letti voglio recuperare!

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  3. Eh sì, se ne esce certamente non del tutto paghi da questo Caffè, e ci siamo ripromesse di tornare su alcuni temi, perché sono i grandi temi dell'esistenza e questo grande romanzo anche "filosofico" oltre che pura poesia, ne è davvero ricco. Bellissimo Caffè. :)

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    1. Che romanzone che abbiamo letto, Luà! e comunque sì, sempre belli, i nostri caffè! :D

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  4. Caspita i bon bon mi ispirano un sacco 😀 ehm dopo leggo anche la vostra recensione, il titolo mi piace moltissimo

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    1. Leggerò la tua opinione in merito di là, intanto lasciati ispirare dai bon bon: qui ne andiamo matti (ma sempre con equilibrio, sennò, addio linea! :)

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  5. Faccio finta di non vedere i bon bon (dieta, dieta, dieta, ripeti con me...) Ma quell'incipit, hai ragione, è strepitoso. E doloroso anche. Almeno per me. :)

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    1. Ci sono passi straordinari e dolorosi in tutto il testo. Vedi? Mi sono consolata con i bon bon!

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