martedì 24 marzo 2015

"LA DIVINA SCRITTURA": #2 La palude degli scrittori indolenti



Nel momento stesso in cui ho deciso di cedere alle malie del self-publishing autopubblicando il mio romanzo di esordio, sono entrata nella "selva oscura" degli "scrittori emergenti". Avendo smarrito la via maestra, adesso cammino nel folto di questo selvaggio labirinto provando a capire dove mi porterà il viaggio intrapreso.

Ho già incontrato uno scrittore in riva ad un fiume, che con movimenti ipnotici lanciava sassi in acqua e, dopo avergli fatto alcune domande ed avere udito le sue risposte, ho capito che c'è una parte di persone che si accontenta di trarre benefici solo dalla passione per la scrittura, che coltiva sogni senza inseguirli. Non condivido appieno questo voluto immobilismo: i sogni sono desideri realizzabili ma è fondamentale crederci. Sempre. 

Il mio viaggio continua...   

Così discesi del cerchio primaio 
giù nel secondo, che men loco cinghia, 
                                    e tanto più dolor, che punge a guaio.                                                                            

Mi volto indietro, di tanto in tanto, per provare a ricostruire un percorso immaginario, ma la foresta che ho deciso di attraversare non mi aiuta a fare ordine, anzi lascia che io muova i miei passi senza orientare la mia improvvisazione. 
Vedo una stradina secondaria, in fondo al sentiero, sembra una scorciatoia. Decido di raggiungerla in fretta. Lambisco rivoli d'acqua, mi muovo fra gli alberi secolari e nel frattempo rifletto, mi pongo domande alle quali ancora non so dare risposte: scrivere regala benessere e modella sogni, ma la realizzazione dei sogni richiede sacrifici. L'impegno non è mai una passeggiata; il mio cammino dentro la "selva oscura" degli scrittori esordienti è proprio questo che mi chiede: impegno, costanza, voglia di non fermarmi più. 

Ad un tratto scorgo una palude che interrompe bruscamente il mio andare spedito, sono costretta a fermarmi e a guardarmi attorno.
Or incomincian le dolenti note 
a farmisi sentire; or son venuto 
là dove molto pianto mi percuote.

Il bacino stagnante mi mette in crisi: l'acqua si raccoglie in un punto da cui non defluisce, mi ricorda il pantano di idee che tante volte affolla la mia mente senza trovare una adeguata via per venire fuori.
È la sensazione più frustrante per uno scrittore: lasciare morire il desiderio di scrivere dentro un'indolenza inoperosa, che costringe per ore, anche giorni, a tenere invano una penna in mano, a fissare l'aria in cerca di parole, a sfondare antri chiusi della mente senza trovarvi nulla dentro. Il vuoto più totale, il buio più profondo.
Quel "blocco" che uno scrittore vive come una malattia da cui guarire può diventare un nemico giurato se non interviene qualcosa in grado di rimuovere lo strato di argilla che non permette al terreno della fantasia di far passare le idee. Lasciare che il tempo restituisca nuova linfa vitale all'esigenza di scrivere? Fermarsi, dunque, e aspettare? O reagire senza arrendersi, senza cedere alla rassegnata forza che rema contro?

Io venni in loco d’ogne luce muto, 
che mugghia come fa mar per tempesta, 
se da contrari venti è combattuto.

Mentre mi specchio dentro le acque torbide della palude e la mia immagine è un'ombra scura disegnata sulla superficie limacciosa, mi accorgo di un'altra ombra che dalla mia stessa sponda si affaccia su quella distesa immota e che in silenzio mi osserva.
Riconosco lo sguardo spento dello scrittore indolente, la sua poca voglia di affrontare ogni difficoltà: vedo in quella sagoma ciò che anch'io sono stata per un periodo e così decido di rivolgerle la parola.
"Qual è la ragione della tua apatia?"
"Scrivo da sempre, da quando ho eletto la scrittura a mio interesse primario: come ossigeno uso la parola scritta, respiro solo quando ho in mano carta e penna, vivo per la scrittura, ma adesso la scrittura mi spegne".
"In che senso?"
"Vorrei scrivere, ma non mi viene spontaneo, la fantasia mi è nemica e adesso si è spenta la mia voglia di correre dietro ad un'idea per plasmarla; mi volto dall'altro lato, ho perso ogni interesse".
"Perché non provi a recuperare le energie perdute?"
"Non ci riesco, un giorno mi sono ritrovato senza ispirazione: le idee indietreggiavano di fronte al foglio bianco, una colla tenace rendeva vischiosi i miei pensieri e ed io sentivo il mio slancio narrativo sciogliersi in noia.
"E, dunque, che farai adesso?
"Niente, aspetterò che questo momento passi da solo; prima o poi, vincerò la mia pigrizia mentale e riprenderò a scrivere".

Quel "prima o poi" può anche coprire un arco temporale molto lungo.

Anche a me è accaduto di non trovare la giusta energia per scrivere, di attraversare con gli occhi le pagine bianche di un foglio senza lasciarvi traccia. Eppure ho imparato che scoraggiarsi non serve, è solo una perdita di tempo. 
Chi ama scrivere non deve permettere alla mente di impigrirsi, non deve guardare l'ispirazione attraversare la strada ed allontanarsi a passi decisi. 
Uno scrittore alle prese con una narrazione, soprattutto se lunga, può avere dei momenti di stanca dove è l'inazione a dettare legge; capita che gli venga difficile superare lo stallo in cui cade se, per esempio, non riesce a coordinare bene i vari passaggi della storia: a me è capitato di girare attorno allo stesso punto per molto tempo, senza riuscire a trovare un'efficace via d'uscita; è brutto non sapere, ad un certo punto, dove si voglia andare a parare. Il meccanismo della fantasia si inceppa e comincia un lavoro di ricerca di soluzioni che, quando non arriva, porta alla paralisi, dunque ad una sorta di indolenza mentale che spinge lo scrittore ad allontanarsi sempre più da un'idea che non gli dà alcuna soddisfazione. Allora continua a dire "passerà", ma la voragine si allarga, il vuoto si ingrandisce.

Quando non si ha più voglia di andare avanti, anche piccoli passi possono accorciare distanze. Per questo suggerisco di non mollare mai la presa, il che può tradursi in alcuni accorgimenti che mi permetto di condividere senza la presunzione di farne delle regole:

1) Leggere tanto. La lettura è una palestra per la mente, la tiene allenata e mantiene costantemente oleati gli ingranaggi che aiutano la fantasia a creare. L'indolenza dello scrittore porta il suo corposo vocabolario ad arrugginirsi, la facilità verbale si atrofizza, la fluidità del pensiero diventa un gorgo confuso di idee.

2) Non perdere mai il contatto con carta e penna. Significa continuare a dare voce ai piccoli pensieri della quotidianità, descrivere qualcosa che colpisce l'attenzione, raccontare uno stato d'animo. Anche due parole possono essere sufficienti per non lasciare spegnere del tutto l'entusiasmo della scrittura.

3) Non insistere. Mai forzare un desiderio che non c'è: il disastro è peggiore. Scrivere quando non si ha proprio voglia di farlo porta a comporre pagine e pagine di cose inutili che alla prima occasione verranno cestinate, lasciando immutata la mancanza di stimoli ed accresciuta la frustrazione di non avere più ispirazione. 

4) Non perdere di vista le alternative. Di solito i problemi si affrontano di petto. Questo è un caso in cui, invece, la difficoltà va lambita, il problema arginato. Non riesco a continuare la storia che sto scrivendo? Allora mi alleno a scrivere altro: se ho un blog, posso concentrarmi sugli articoli che voglio pubblicare; posso affacciarmi sul social network che frequento con due righe per dire qualunque cosa; persino aiutare un figlio a scrivere un riassunto per la scuola può essere un modo efficace per non mollare la familiarità con la scrittura.

5) Tradire lo schema. Quando si scrive una storia si ha in mente una linea da seguire, immagino. Sconvolgere i piani d'azione potrebbe significare annullare il punto in cui il blocco è intervenuto; capovolgere situazioni, introdurre cambiamenti potrebbe garantire una nuova partenza o una ricollocazione di idee.

6) Non perdere mai il gusto di correre dietro alla fantasia. Non importa se manca la voglia di scrivere, l'importante è continuare a raccontarsi storie con la mente, giocare ad acchiapparello con le idee e non a nascondino: ti vedo, idea, ti inseguo, voglio afferrarti, non voglio che tu ti nasconda talmente bene da non riuscire a scovarti.

Grandine grossa, acqua tinta e neve 
per l’aere tenebroso si riversa; 
pute la terra che questo riceve.

Mentre do testimonianza della mia esperienza, per provare a convincere lo scrittore indolente a risvegliarsi dal suo stato di torpore, una pioggia fitta ci coglie di sorpresa costringendoci al riparo. Corro verso un ampio albero cavo ed entro nell'anfratto, ma quando mi volto per offrire ospitalità al mio interlocutore, questi  scompare inghiottito dalla vegetazione folta della palude.

Guardo dritto davanti a me.
Ho molta strada, ancora, da percorrere.

- continua


                                     

14 commenti:

  1. Credo che tutti i tuoi consigli siano validissimi.
    Partendo dal presupposto tale per cui spesso l'indolenza è una caratteristica caratteriale, che si estende a ogni settore della vita, l'importante è non rimanere fermi.
    A volte capita di arrivare a punti di stallo, nella stesura. Avendo una scaletta della trama abbastanza definita, aggiro il problema dedicandomi ad altre scene o gruppi di scene. Poi ci ritorno, quando sono pronta.
    Pensa che avevo delle serie difficoltà per quel che riguarda la prima parte (il mio romanzo è idealmente suddiviso in quattro sezioni) e oggi, dopo circa due mesi che mi dedico alla seconda, è arrivato un piccolo flash su come risolvere la situazione che mi turbava. Ora mi sento più tranquilla e pronta a procedere in linea retta.
    Se non mi sento di scrivere, ci sono tante altre cose che possono stimolare la mia creatività. La progettazione non è ancora conclusa. Probabilmente comparirà qualche nuovo personaggio. Altri invece spariranno. Insomma, il lavoro non manca. E forse l'importante è andare avanti!

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    1. Quando scrivo qualcosa di importante, che per me vuol dire solo una cosa: dedicarmi ad un romanzo, so già che attraverserò fasi in cui mi verrà voglia di cestinare tutto. Ci sono passata con il precedente libro che è stato un continuo vado e torno, ripasso, scivolo indietro, mi lancio in avanti, indietreggio: slancio e paralisi.
      Quando sono arrivata all'epilogo non mi sembrava vero di avere costruito una trama credibile, ancorché da revisionare.
      Adesso che è in costruzione il mio secondo romanzo mi prendo il tempo che ci vuole senza forzare la mano; mi sono bloccata quest'estate non riuscendo a trovare gli stimoli giusti. Adesso, già da un po', ho ripreso la storia, nuove idee riaffiorano, credo che mi abbia aiutato credere ancora nel progetto "blog": curarlo con serietà ed impegno mi ha ridato il senso della disciplina nella scrittura, importantissima per chi vuole arrivare a concludere un percorso iniziato. Ho fatto un salto e mi sono lasciata alle spalle la palude!

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    2. Sono completamente d'accordo con Chiara. Andare avanti comunque, anche a piccolissimi passi. Fermarsi, per il mio carattere, vorrebbe dire mollare la presa.

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    3. Ciao Giordana, piccoli passi incontro alla metà finale:tutti d'accordo! :)
      Grazie per essere passata da queste parti! :)

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  2. Mi piace un sacco questo viaggio!
    L'indolenza, però, non è nel mio carattere. Dato che da giorni ho un po' di febbre, ho deciso da ieri di fare la "malata part time" cioè di andare al lavoro, ma a casa fare solo l'indispensabile e di mettermi sul divano dalle 17.00. Ieri me la sono goduta un sacco. Oggi ho intaccato un nuovo romanzo, ma già me la sono goduta meno. Il mal di gola non è ancora del tutto sconfitto, ma non so se domani riuscirò ad attenermi al programma...

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    1. Grazie, è un viaggio che intriga anche me: quanta varietà di scrittori in questa foresta di esordienti!
      Lo dico sempre: i malanni stagionali (e non altro, ovviamente!) sono occasioni splendide di riposo!
      In ogni caso spero guarisca presto: in genere gli studenti sono più contenti quando l'insegnante si assenta per qualche giorno, ma sono convinta che nel tuo caso sentiranno la tua mancanza! ;)

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    2. Malata part time! A scuola ci sono andata, perché siamo una micro scuola e sistemare le supplenze è un incubo e mi sentivo in colpa...

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  3. Condivido il consiglio su come agire quando ci si trova in una fase di stallo. Io dico che è come trovare una frana sulla strada: cerca un itinerario alternativo! E anche la lettura (magari poche pagine dei propri scrittori preferiti?) può rimettere in moto gli ingranaggi bloccati.

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    1. La lettura mi ha salvato tante volte: mi ha aperto porte che la mente si ostinava a tenere chiuse. Infatti è la prima soluzione alla quale ho pensato prima di elencare le altre!
      Bisognerebbe non solo imparare a leggere di più, ma anche "insegnarlo" agli altri!

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    2. Infatti ci vogliono scuole di lettura, non di scrittura!

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  4. Mi piace leggere scritti di autori emergenti... :)

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    1. Benvenuta Layla! Finalmente ho trovato una persona che dice sorridendo "mi piace leggere scritti di autori emergenti". Anche a me piace molto e lo dimostro... facendolo. Sto giusto preparando un post a riguardo! ;)

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  5. Credo che i tuoi punti contengano molto buonsenso. In particolare trovo importante non perdere il contatto quotidiano o quasi con la scrittura. C'è un trabocchetto, però: anche per il blog si scrive. Nel mio caso, più apprezzo il blogging, meno scrivo il resto. Sto ancora cercando un equilibrio tra le due cose. :)

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    1. Hai ragione, dedicarsi al blog significa per me togliere tempo alla stesura in corso del secondo romanzo. Lo sto capendo adesso e anch'io sto cercando il modo di fare camminare assieme le due cose: questione di tempo ed organizzazione. La precedenza, per ora, è del romanzo, ma quando un'idea proprio non viene o non viene come vorrei, dirotto subito l'attenzione verso il blog (per garantire quella continuità di cui si parlava!). Va tutto a rilento, ma meglio piccole dosi che lunghe pause lasciate vuote.

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