Disegno di Marianna Coppo |
A distanza di un anno, una lettura "speciale" ritorna con prepotenza nella mia mente, perché è impossibile dimenticare una personalità straordinariamente ricca e complessa come quella di Julio Cortazar.
A chi non si è mai imbattuto nelle opere di questo autore argentino consiglio di maneggiare con cura uno dei suoi libri più incredibili: "Un certo Lucas", una raccolta di pensieri apparentemente senza senso, che rivela la genialità di uno scrittore unico nel suo genere.
Forse Lucas è una proiezione dello stesso Cortazar, che ama rompere gli schemi raccontando in maniera irriverente ed ironica una quotidianità, talvolta, persino grottesca.
Il suo spirito fanciullesco, in realtà, nasconde osservazioni sulla vita e sul senso da dare alle cose, spesso spiegate con quella goliardia e quella assurdità che può allontanare il lettore più esigente, ma che può farlo anche innamorare perdutamente, come è accaduto a me!
Non chiedetemi di spiegare il perché io abbia riso tanto leggendo la convinta dissertazione sulla visionaria piscina di gofio (farina di ceci mescolata allo zucchero) né perché mi piaccia, di tanto in tanto, rileggere qualche paradossale pagina di questo libro, so solo che anche oggi mi è tornato in mente quel "certo Lucas" e "le sue lotte con l'idra" mi hanno dato lo spunto per muovere nuove considerazioni sul mio piccolo mondo di scrittrice.
"Ora che sta invecchiando si rende conto che non è facile ammazzarla.
Essere un'idra è facile ma ammazzarla no, perché anche se per ammazzare l'idra bisogna tagliarle le tante teste (da sette a nove a seconda degli autori o dei bestiari consultabili) è necessario lasciargliene almeno una, dato che l'idra è lo stesso Lucas e in realtà lui vorrebbe uscire dall'idra ma restare in Lucas, passare da poli a monocefalo".
Signori, questo è il mitico Julio Cortazar.
Sarcastico e spiazzante, questo folle ragionamento, mosso da un Lucas alle prese con le mille manie dettate dalla sua testa pensante, alle quali vorrebbe rinunciare ma che è pressoché impossibile distruggere, mi porta a riflettere sui nostri rituali ossessivi, non quelli cui volutamente cediamo, ma quelli che applichiamo inconsciamente alla nostra quotidianità, che ci vincolano in schemi difficilmente superabili: le molteplici teste dell'idra che Lucas sfida in una buffa battaglia ingaggiata contro se stesso.
L'Idra è quella creatura a nove teste che la mitologia greca ci racconta come una delle 12 fatiche con cui Ercole deve misurare la propria forza.
Ercole riesce ad uccidere l'idra, ma quando il mostro da sconfiggere è dentro di noi, quando siamo noi stessi a vivere con nove (o forse più) teste, come ci comportiamo?
Lucas, nel suo farneticante ragionare, vorrebbe tagliare la testa che colleziona dischi, così smetterebbe di continuare a volere quelli che non trova più e di rodersi per questa sua vana ricerca; vorrebbe tagliare la testa che posa la pipa sempre sul lato sinistro della scrivania o quella che vuole la poltrona da lettura accanto alla lampada.
È un modo per raccontare le fisse mentali, quelle che distraggono dalle cose importanti, che non permettono di focalizzare l'attenzione sull'essenziale e ci inducono ad una routine della quale rimaniamo molto spesso prigionieri inconsapevoli.
Io, per esempio, so di avere molte fisse alle quali non rinuncio e forse le mie sono più delle nove teste del serpente mitologico. Ve ne svelo qualcuna, chiedendo a voi di fare lo stesso, per non sentirmi un caso isolato:
1) Sul mio comodino devono stazionare sempre due libri, uno sull'altro: quello che sta sopra è il libro che sto leggendo, quello che sta sotto la mia prossima lettura (guai, nel fare le pulizie, se l'ordine venisse invertito!);
2) Quando leggo mi accomodo sul lato sinistro del divano perché trovo più comodo appoggiare il libro sul bracciolo e voltare pagina con la mano destra;
3) Se devo scrivere a mano, cerco sempre una penna ad inchiostro nero; a dirla tutta cerco proprio la "mia" penna: una roller alla quale cambio spesso la cartuccia, senza mai pensare di sostituirla;
4) Il mio I-Pad deve stare solo sulla credenza dell'ingresso: quando lo cerco è lì che voglio trovarlo, non sul tavolo del salone né in qualunque altro posto della casa;
5) Quando mi siedo davanti al pc, in postazione fissa, per scrivere, non comincio se non ho accanto un pacco di fazzoletti, il telefono portatile, il cellulare ed un bicchiere d'acqua (non posso perdere la concentrazione alzandomi continuamente dalla sedia);
6) Quando decido di scrivere a mano o tramite l'I-Pad mi siedo sempre nello stesso lato del tavolo del salone, con le spalle alla parete e di fronte la veranda (i pensieri fluiscono meglio se hanno spazi aperti e luminosi davanti);
7) Quando esco controllo la borsa: poco importa se dimentico la patente, è fondamentale che non manchino la penna di cui sopra ed il mio fido taccuino.
Potrei spaziare in altri ambiti che non riguardino strettamente il mio rapporto con carta, penna e libri, ma estenderei troppo il campo di azione, o meglio, svelerei altre piccole inquietanti manie che mi metterebbero a nudo di fronte all'ospite estraneo che vorrà soffermarsi su questa pagina del blog.
Ora, fermo restando che potrei provare a sopprimere la prima testa di questa Idra, quella che mi obbliga a tenere i libri sul comodino in quell'ordine ed in quella posizione, di fatto questa sarebbe una facile vittoria, visto che ormai leggo più e-book che libri cartacei e sarebbe altamente improbabile sovrapporre in ordine di priorità dei file digitali.
Tagliando la testa che mi obbliga ad uscire con un block notes sempre in borsa, potrei evitare di vivere la dimenticanza come un autentico dramma; e se provassi a sedermi in un'altra stanza che non sia il salone, potrei non vivere la frustrazione nell'accorgermi che, nonostante veda il cielo di là dalla finestra, talvolta l'ispirazione si perde in mille distrazioni.
Ma, poi, faccio la fine di Lucas: mi incarto nel tentativo di superare i miei schemi mentali, perché sto scrivendo questo articolo direttamente con l'I-Pad, che ho preso dalla credenza dell'ingresso e con il quale sono andata a sedermi nel lato del tavolo, in salone, che guarda la finestra della veranda.
Difficile rinunciare ai rituali!
Forse, come nel pensiero di Lucas, mi sarebbe convenuto "ammazzare per prima la testa che organizza, rispetta e gerarchizza il tempo, così forse tutto si sarebbe afflosciato di colpo".
Ma in realtà non c'è una vera battaglia: "quale testa tagliare se ne resterà sempre un'altra più autoritaria?"
Così mi arrendo anch'io e, davanti allo specchio, ritrovo tutte le mie teste intatte, che mi sorridono contente. Non sono errori da correggere, solo abitudini cronicizzate con le quali convivo.
E adesso scusate, mi aspetta la colazione.
Oggi è giovedì: tè verde!
Scrivo a mano con pennarello nero, tratto 0,4 millimetri, acquistato da Tiger, vendono robe dalla Danimarca, e sono sbarcati a Milano. Per paura di non trovarli ne ho comprato tre confezioni da quattro, dodici trattopen in tutto, sono lunghi stretti grigi. Tappino nero. Mi calzano perfettamente nella mano. Se questa non è una fissa...
RispondiEliminaTaccuino in borsa fisso. Postazione computer portatile fissa. Postazione lettura divano fissa, a sinistra, sotto una lampada alogena la sera con luce soffusa. Ora che ci penso è l'immobilità assoluta.
Ed io che mi sentivo una maniaca solo per il fatto di non riuscire a scrivere con penne che non fossero la mia! La tua mania mi solleva!
RispondiEliminaHo riso un sacco leggendo le piccole ossessioni quotidiane della tua lettura. Anch'io mi porto le mie biro preferite dall'Italia perché qui non le vendono. Però non sono così ossessiva come voi :)
RispondiEliminaPotrei riempire intere pagine di piccole manie... Ma sono simpatiche e mi fanno compagnia! :)
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