martedì 16 febbraio 2016

È raro che vinca il migliore

 (il talento, il pubblico, la mia verità)


Ci avete mai pensato che oggi quasi tutto il talento passa attraverso la televisione? Come se fossero necessari un palcoscenico e la luce dei riflettori per fare conoscere bravure inespresse. Il pubblico è importante, il pubblico è sovrano, il pubblico è fatto di milioni di occhi che guardano, commentano, giudicano, decretano la nascita di un talento.
Il talento!
Per riconoscerlo basta un voto, basta esprimere una preferenza.
E la simpatia, il numero di amici e parenti, qualche strategia, molta finzione incoronano il vincitore di competizioni volte a scegliere "il migliore in campo".
Sì, il migliore! Ahah!

Ci sono trasmissioni su ogni vera o presunta abilità, ormai. 
La priorità va sempre ai talent-show che premiano le belle voci: X Factor, Amici, The Voice, Io canto, Ti lascio una canzone. Un popolo di talentuosi cantanti che fanno audizioni, superano prove, con meccanismi di selezione sempre più spettacolari e sempre meno autentici. Si esibiscono a ogni età e torturano il contribuente (spettatore sfigato perché, magari, non ha una piattaforma satellitare e non ha molta scelta sui programmi tv) con spettacoli tutti uguali.

Ma ci sono anche i talenti in cucina, quanti cuochi adulti e quanti cuochi junior, che partecipano a trasmissioni come Masterchef, per citarne uno, tutte con la stessa tipologia di impostazione: un tot numero di partecipanti, una gara "appetitosa", i giudizi severi e fintissimi dei membri della giuria, il televoto.

L'anno scorso hanno provato a lanciare un nuovo format televisivo, indirizzato ai progetti imprenditoriali: si chiamava "Shark Tank". Si sono inventati due ore di intrattenimento noiosissimo dove i candidati dovevano esporre una loro idea d'impresa e una giuria di imprenditori, valutatane la validità, doveva decidere se finanziarla o meno.

Si premia anche chi non sa fare assolutamente niente e sogna le luci della ribalta partendo dalla dimostrazione del nulla (Grande fratello docet).

Senza considerare l'epidemia di trasmissioni dove si esibisce chiunque sappia fare qualcosa (Italia's got talent, Tu si que vales): chi sa raccontare una barzelletta, chi sa addentare una mela meglio degli altri, chi si è tatuato l'impossibile; qui i talenti veri si mescolano a gente imbarazzante che si accontenta di rimediare solo quattro risate e un paio di applausi, però, almeno, quando torna in paese, può raccontare di essere stato in tv.

Ho lasciato la ciliegina in fondo, perché manca all'appello il primo, unico, talent show letterario, Masterpiece, mandato in onda un paio di anni fa, in cui alcuni aspiranti scrittori si disputavano l'opportunità di essere pubblicati dalla nota casa editrice Bompiani, con una tiratura di ben centomila copie del proprio romanzo. Un reality in piena regola, che non ha avuto granché successo, dal quale è uscito vincitore Nikola Savic (avete letto il suo libro?)

Ormai sembra che tutto sia posto sotto l'occhio di una telecamera, ma principalmente che ogni esibizione sia subordinata al giudizio espresso direttamente dal pubblico. L'indice di gradimento passa attraverso i social, si esprime con il web voting, numero fisso o mobile - tramite SMS, via telefono o accedendo all'app ufficiale della trasmissione.

Ma quanto c'è di autentico in tutto questo?  

Quello che fa audience è una finzione, gli spettacoli seguono una scaletta ben precisa, l'improvvisazione è rara, gli esiti delle competizioni tutte già decise. E intanto l'abbaglio di applausi e apprezzamenti convince chiunque che basta essere in tv ed essere votato per ottenere il riconoscimento del proprio presunto talento, questa specialissima aura magica che viene decisa semplicemente preferendo un codice a un altro: "Se pensi che Tizio abbia talento, votalo. Il suo codice è lo 01".
Il fatto è che non sempre penso che quel tale abbia talento, magari mi sta simpatico, magari è della mia città, magari è uno che conosco, magari è una mia amica a chiedermelo perché ci tiene che vinca la competizione.
E poi c'è l'altro lato della medaglia: ammesso che il pubblico voglia davvero premiare il migliore, ma siamo davvero sicuri che ciò avvenga nella più totale trasparenza?
Il recente caso della cantante che ha subito quell'assurdo balletto di voti rimpastati al Festival di Sanremo (e per la quale tifavo, naturalmente, perché era nissena) la dice lunga su come sia distribuita le leadership delle case discografiche e su quanto poco contino certi meccanismi se non sono in linea con ciò che è già stato deciso a monte.

Finzione. Strade già costruite. Spettacolo per intrattenere, non spettacolo dove interagire, come vogliono farci credere.

Così mi viene da pensare al mondo della scrittura e dell'Editoria. 
Ho citato Masterpiece, ma chi ci crede che gli esordienti siano stati veramente selezionati con criteri imparziali? Si sono esibiti, hanno partecipato al gioco, la giuria si è espressa ora a favore ora contro, hanno fatto spettacolo per il numero di puntate previsto, facendo credere al pubblico di avere contribuito a creare il caso letterario.
Io, ma è solo una mia idea, nutro forti dubbi.

E pensiamo ai più famosi concorsi letterari: quanto in realtà premiano l'opera di pregio? O non sono anche lì le Case Editrici che fanno ambarabaciccicoccò per vedere chi sarà quest'anno ad aggiudicarsi la vittoria? Del resto, il Premio Strega non ha mai sorpreso con colpi di scena eclatanti, si sa (o si pensa) che i vincitori siano già designati grazie a solidi pacchetti di voti che si muovono tra i gruppi editoriali più forti.

La verità è che è raro che vinca il migliore.

La verità è che un modo diverso di fare andare le cose è il lusso di pochi.

La verità è che se anche ci fosse onestà, siamo talmente abituati agli imbrogli e alla finzione che non riusciamo più a fidarci.

La verità è che siamo costretti a scrollare le spalle, perché non abbiamo alcun potere per cambiare la realtà.
E qualche volta ci piace così!

In un mondo dove tutto sembra già scritto da qualcuno, che fine può mai fare un esordiente?

40 commenti:

  1. Io dividerei il problema in tre.

    Parte 1: la TV.
    Per capire un minimo come vadano le cose, basta seguire il giro dei soldi (come sempre, direi). Mettiamoci nei panni del direttore di produzione: spende qualche milionata di euro tra cachet, distribuzioni, costi vari e deve garantire un adeguato share agli inserzionisti che mettono la pubblicità. Perché parliamo di questo, non altro. È chiaro che che la competizione, le battute, gli eventuali intoppi, siano programmati. Non sono soldi suoi e dovrà giustificare a qualcuno più in alto di lui ogni euro che spende e ogni euro (o punto di share) che non torna: se fossimo nei suoi panni, non vorremmo anche noi un controllo totale su tutto quanto viene trasmesso?

    Parte 2: lo Strega
    Meccanismo analogo: sono stati spesi tot euro in anticipi (?), stampe, pubblicità, giornali, passaggi da Fazio. Lo Strega non è altro che un canale ulteriore. Anche qui vanno giustificati soldi spesi e ritorni: davvero pensiamo che non si accordino (visto poi che gli editori sono sempre meno)?

    Parte 3: gli esordienti
    Qui il discorso è diverso. Gli editori non hanno idea di come si faccia un libro di successo; se lo sapessero, ne sfornerebbero uno dietro l'altro. Siccome non sono capaci, cercano di andare "di fotocopia" tra contenuti e copertine, come dicevano da Chiara, per minimizzare i costi e massimizzare gli introiti. L'unico sistema vero che hanno è spulciare la roba nuova, compresi gli esordienti, sperando di avere il naso abbastanza buono da trovare il tartufo. Il problema? Il tartufo, naturalmente. Perché è dannatamente difficile scrivere (o discernere nel marasma) proprio quella cosa che il pubblico sta cercando (e non lo sa neppure!).

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    1. Il gioco di spese e ritorni, tanto ti do tanto mi riprendo ha una sua logica, in tv, ma il coinvolgimento del pubblico è una scoperta recente. Fare finta di renderlo partecipe è una bella furbata: il dietro le quinte è sempre un affare del direttore di produzione, ma noi che ci facciamo prendere per i fondelli così...
      Sul "tartufo", merce rara da pescare nel mare di esordienti, mi sono espressa in altre occasioni e sono d'accordo. Il fatto è che tra la scoperta del "tartufo" e l'affermazione del buon vecchio fungo porcino, le Case Editrici preferiscono sempre la via più semplice!
      Non ti sarà sfuggito che non si è mai visto un esordiente "bravo", ma soprattutto autentico, arrivare a vincere il "Premio Campiello - Opera Prima". Chi? Paolo Giordano, che aveva pubblicato con Mondadori o Silvia Avallone edita da Rizzoli?

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  2. Sui premi letterari importanti stenderei un velo pietoso, per parteciparvi è necessario offrire centinaia di copie ai fini valutativi di giuria, annessi e connessi, va da se che un esordiente edito da una piccola CE è escluso in partenza. Per il resto, cara Marina, quello che affermi è tristemente vero.

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    1. Non è un invito a scoraggiarsi, però, se uno guarda a tante cose, si accorge che per arrivare in cima, un esordiente che meriti dev'essere proprio allenato a scalare le montagne!

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  3. Nei talent - ne guardo due, MasterChef e X Factor - non vince mai, mai quello che piace a me. Non oso immaginare in un concorso letterario. Ho l'impressione che le fila siano sempre tirate da dietro le quinte. Ne sono consapevole eppure mi diverto lo stesso. Ho qualche problema?

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    1. Io non dico che il concorrente debba vincere solo se piace a me, però nemmeno partecipare a una votazione di cui, poi, non si terrà conto.
      Ho un'amica il cui figlio ha partecipato al Masterchef Junior di due anni fa. Non ti dico le cose che mi ha raccontato!
      Che poi ci si diverta a seguire queste trasmissioni, per carità, sono fatte anche bene! Io, per esempio, seguivo X Factor, prima che passasse su Sky e non mi perdo una puntata di "Ballando con le stelle": mica sarò strana anch'io!

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  4. Mi sento chiamato in causa: ho alzato la mano alla frase "spettatore sfigato che non ha piattaforme satellitari" :-D. Post interessante: induce ad una analisi su verità e finzione. Anzi: è una aperta critica alla finzione che condivido in pieno. Io penso che l'esordiente abbia a disposizione nuovi modi per raggiungere il suo pubblico, che non è necessariamente il Grande Pubblico (spesso passivo e facilmente pilotabile) ma l'insieme delle persone che sono alla ricerca di qualcosa di nuovo. Qualcosa che appunto esula dagli schemi già scritti (reality, concorsi, finte gare con finti voti...).
    Mi piace molto anche la parte 3 di Michele: "editori che non hanno idea" alla ricerca di "tartufi" ben nascosti. Forse è proprio questo il punto: le nuove tecnologie consentono a chiunque abbia veramente voglia di cercare i "tartufi" che preferisce. Quindi, per rispondere alla domanda finale del post: che fine potrà mai fare un esordiente? Non lo so. Però sicuramente ha a disposizione nuovi strumenti per farsi trovare.

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    1. Il self-publishing, immagino!
      Comunque, è vero, l'esordiente costruisce il suo sogno come le formichine: mette da parte tutto, accumula con pazienza. Comincia dal pubblico più a portata di mano, per provare a conquistare quello un po' più distante da sé. Forse è giusto così.

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    2. Beh, il self-publishing è solo lo strumento più impegnativo (sempre che lo si usi con parsimonia dopo un'adeguato lavoro, e non pubblicando tutto-subito). Ci sono anche strumenti più semplici che solo 10 anni fa non erano disponibili: un sito web, un blog, un profilo social. Oggi è possibile crearsi tutto ciò senza avere troppe conoscenze tecniche, basta un po' di buona volontà. Inoltre la mobilità e gli strumenti (smartphone, tablet) ci consentono di ottimizzare al massimo il tempo per essere connessi e per raggiungere il pubblico che si vuole favorendo l'aggregazione secondo determinati interessi. Per l'esordiente è sempre un gran lavoro, intendiamoci: ma perlomeno è artefice del proprio percorso senza dover dipendere da teatrini già scritti.

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    3. Mi piace il tuo ottimismo!
      Io, invece, penso che proprio blog, social e affini diano una piccolissima mano all'esordiente.
      Certo, mi dirai, sempre meglio di niente e qui ti do ragione: invidio un po' chi è capace di farsi veramente artefice del proprio percorso.

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  5. Vero, ormai tutto si basa sui "reality show" che invece dovrebbero chiamarsi "falsity show" per quanto sono costruiti a tavolino e manovrati dietro le quinte.
    Cosa può fare un esordiente?
    Eppure è tanto semplice: fare lobbying, cercare di fare amicizia col politico giusto, fare favori a chi può dare qualcosa in cambio, entrare nel circolo giusto, prostituirsi quanto basta...
    ;-P

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    1. No, quanto basta per iniziare! Poi... ad abundantiam! :P

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  6. Post molto interessante.
    Di certo, come il fallimentare 'Masterpiece' ha dimostrato, non si può decidere del talento di un autore tramite un programma televisivo. Primo perché un libro si deve leggere e gli spettatori, da casa, ovviamente non possono farlo. Ma questi sono meccanismi televisivi, che poco e niente hanno a che fare con la letteratura, se non quando si tratta di pubblicizzarla (e anche lì, ho dei dubbi sul fatto che venga fatto e venga fatto bene).
    Per quanto riguarda i premi letterari, purtroppo siamo quasi sullo stesso piano. I premi prestigiosi sono da anni considerati pilotati (anche se non ci sono prove al riguardo, pare proprio che sia così), ma proprio per questo il lettore con un po' di discernimento sa che non deve fiondarsi sul vincitore dello Strega e leggerlo come fosse un Nobel.
    Inoltre penso che, se parliamo nello specifico degli esordienti, non c'è modo che senza agganci si facciano notare per vincere un premio.
    Il talento si nota dopo anni, più che mai nella letteratura. Penso che si noti dopo qualche bel romanzo, dopo che l'autore si è rialzato dopo un brutto scivolone letterario, insomma non si può capire immediatamente se il talento c'è. Per tornare agli show televisivi, tutti possono azzeccare una nota giusta, magari per fortuna e non vera capacità artistica, ma solo chi saprà esprimere qualcosa attraverso la sua musica si può guadagnare il titolo di vero talento musicale e di artista.

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    1. È vero, i meccanismi televisivi seguono logiche diverse, per questo mi chiedo che bisogno ci sia stato di fare una trasmissione per regalare il sogno all'esordiente di turno!
      Ho finito di seguire i Premi importanti da un pezzo, ho solo ancora l'ultimo Strega di Nicola Lagioia in libreria da leggere. Quello mi incuriosiva un sacco e l'ho comprato.
      Certo, il talento c'è, ma ha bisogno di tempo per venire fuori, hai ragione! E non attraverso il televoto!

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  7. Appena ho letto il titolo ho pensato a Ezio Bosso.

    Pur con tutti i km di distanza che ho messo tra me, la Rai e Mediaset, sono stata mitragliata dai post su facebook fin quando mi sono arresa e ho guardato il video del festival. Non che me ne penta, voglio dire, mi è venuta la pelle d'oca a sentire quelle note e quelle parole, però mi sono innervosita all'idea che nessuno l'avesse mai sentito nominare prima della comparsa in TV.

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    1. Neanch'io conoscevo questo artista e ho apprezzato la persona prima ancora che la musica. Ma almeno, qualcosa di buono il Festival lo ha sfornato, visto la figuraccia rimediata con la cantante votata e poi scartata per il "capriccio" di qualcuno!

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  8. Sono d'accordo fino a un certo punto. I talent tesevisi sono spettacoli fatti per intrattenere, niente di più, niente di meno. Guardo X factor. Non ho mai votato, ma se lo facessi, in base a cosa voterei? Alle mie inesistenti cognizioni musicali? Probabilmente a simpatia, guidata da messaggi più o meno occulti che non sono in grado di decodificare del tutto.
    Per i concorsi letterari ci sono livelli diversi. Lo Strega, per romanzi pubblicati, ha meccanismi che non conosco, ma che tengono sicuramente conto delle vendite e dell'investimento dell'editore.
    I concorsi per esordienti possono essere diversi. Almeno alcuni. La mia carriera è abbastanza ridicola, ma non ci sarebbe stata se non avessi vinto un concorso per Mondadori. L'organizzatrice, dopo avermi premiato mi detto una cosa che considero vera. A volte il vincitore è deciso in base a un processo decisionale non sempre lineare, soprattutto se si tratta di pubblicare bene. Per non lineare non intendeva niente di torbido. Nel caso specifico diceva che, dato che il racconto sarebbe uscito in coda a un romanzo, la giuria sceglieva un racconto che potesse piacere ai lettori di quel romanzo (il che ha la sua logica). Quindi, secondo lei, non era tanto importante vincere un concorso, ma piazzarsi in finale in tanti concorsi diversi di uno stesso genere. A un certo punto, diceva, invii un romanzo e ti rendi conto che ormai il tuo nome lo conoscono. Credo di stare ancora costruendo questo genere di reputazione, ma penso che ci sia del vero.

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    1. Questa testimonianza è molto importante, perché corregge il tiro di molti pensieri, compreso il mio e questo è un bene.
      Certe volte, non avendo esperienze dirette, il giudizio si formula sugli unici dati visibili e lì si finisce per generalizzare. Quella di piazzarsi in finale a tanti concorsi per farsi una reputazione è una strategia che trovo molto convincente. Ne terrò conto.

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    2. Tenar ha molta ragione (come sempre). Bisogna guardare all'editoria per quello che è: un mondo lavorativo, guidato dalle solite logiche che si trovano in tutti gli uffici. Saper giustificare le spese, spendere il meno possibile, avere il maggior ritorno possibile. Questo è il mantra. In Italia, poi, quando devi avvalerti della collaborazione di qualcuno, cerchi l'usato sicuro, cioè quello il cui nome è noto (oppure raccomandato da persona di fiducia, ma qui si entra in zona minata) e per il quale sia possibile la più solida delle giustificazioni: "Lui/lei è quello/a che ...". Ecco: avere un nome che "circola" è la migliore garanzia di crescita e di ulteriore circolazione.

      Poi, riuscire a mettere in moto questo volano virtuoso è un altro problema ;)

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    3. Sì, le difficoltà sono tante. Però essere notati da tante giurie diverse è già qualcosa. Inoltre per gli esordienti sono meglio i concorsi più importanti. Una Mondandori, ad esempio, dovendo pubblicare un esordiente sceglierà non il più bello, ma il più vendibile, non il più raccomandato, perché deve fare fatturato. Il concorso "pinco pallo" che si basa su finanziamenti vari, magari pubblici, e non deve guadagnare dalle vendite del vincitore, può non farsi remore a premiare il parente di...

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  9. In televisione guardo solo qualche programma di politica e un po' di tg. Per dirti... quest'anno zero Sanremo.
    Mi è successo di vedere frammenti di Amici, Tu si que vales, Ballando con le stelle, perché a volte la sera mi capita di essere a casa d'altri.
    Comunque so che la cantante secondo me più talentuosa degli ultimi anni, Giusy Ferreri, è uscita da X-Factor (che non ho mai visto in vita mia). Quindi immagino che un minimo di oggettività debba pur esserci nelle scelte della giuria.

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    1. Noemi, Marco Mengoni, bravissimi, usciti anche loro da X Factor. Sì, la bravura, quella che non si può negare, viene fuori. Poi sorrido quando al Festival di Sanremo qualcuno della scuderia di Amici di piazza sempre fra i primi tre: se vince un programma Rai, l'anno successivo tocca a Mediaset e insomma gli schemi si ripetono.

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  10. Conosco bene sia una ragazzina che ha partecipato a Masterchef Junior e uno chef che selezioni i partecipanti a Masterchef adulti ma non vuole apparire in tv. C'è molto dietro le quinte, non è che si cucina proprio lì lì seduta stante... ed è solo un esempio. La Tv è molto di facciata ovviamente, vai a Sanremo solo se hai alle spalle un buon produttore, anche qui conosco chi ci è stato, e non si è fatto notare ma lavora costantemente con Elio, prepara le canzoni a Zelig e molto altro. Lavora di questo pur non avendo sfondato. I talent sono una chance, io a Masterpiece ci avevo fatto un pensiero, ma ammesso di arrivarci non avrei mai retto la tv e il programma non mi piacque per niente, c'era molta arroganza. Ma allargando ancora di più il discorso, la maritocrazia è rara anche negli uffici. Ci sono ennemila motivi per far andare avanti qualcuno a discapito di altri più capaci.

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    1. Questo non mi stupisce; a me impressiona il fatto che nonostante si sappia che tutto (o quasi) è preconfezionato, la gente sta intere giornate ad attendere di fare provini e audizioni perché sa che finire in tv, comunque, garantisce la visibilità, che potrebbe essere un lasciapassare più facile del sapersi mostrare capaci di qualcosa

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  11. Cara Marina, hai ragione. Al punto che potresti essere tacciata di qualunquismo per questo post. Finora la tv vince (specie se non di qualità) e tutto quello che non è tv non è che è perdente, ma addirittura è inesistente. Dicono che con il web, youtube, facebook, twitter questi trend cambieranno. Credo invece che i social siano un mezzo diverso, nuovo, per rafforzare vecchie logiche. Perché solo chi investe ottiene dei risultati che escano dalla cerchia dei propri conoscenti.
    Ma vogliamo dire che anche i giurati di Masterpiece, che in teoria dovrebbero intendere il mondo diversamente da Maria De Filippi, che si professano scrittori veri, hanno accettato il ruolo di star, di giudici chiamati a dare un parere basato più sul caso umano che avevano di fronte che sull'effettiva capacità produrre buona scrittura?
    E poi la scrittura realizzato sotto la luce dei riflettori, che cosa può avere di originale?
    Considera che poi c'è anche il rischio uniformazione. Dal canto alla cucina, dalla scrittura allo spettacolo, solo una determinata performace accontenta grosse fette di pubblico.
    Helgaldo

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    1. Lo so che una considerazione del genere avrebbe mille eccezioni e variabili se analizzata meglio, ma mi chiedo: cos'è che porta le persone ad affollare gli show televisivi? La fame di successo? L'irrefrenabile smania di protagonismo? L'idea che sia più semplice arrivare al pubblico? Accettiamo il fatto che tutto debba quadrare nei conti delle produzioni e pur sapendo che c'è tanta finzione andiamo. Ovviamente, come nella legge della domanda/offerta, più si avverte quest'ansia nelle persone che vogliono dimostrare di saper fare, più si lavora per dar loro opportunità; da qui il fiorire indiscriminato di queste trasmissioni. E dici bene: io sono rimasta colpita dal fatto che De Carlo (uno dei miei autori preferiti) abbia ceduto alla tentazione di fare la star in tv. Che poi, se la vogliamo dire tutta, proprio lì ho scoperto una persona davvero insopportabile!

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  12. Io non guardo i talent, non riescono ad appassionarmi. Ho seguito qualche volta The Voice of Italy, ma mai fino in fondo. Devo dire che alcuni cantanti usciti dai talent non mi dispiacciono (anche se la prima volta che li ho sentiti ho pensato "ma chi sono questi?") Ho provato a seguire Masterpiece ma anche lì mi sono arresa. Comunque è vero la televisione dona una visibilità senza precedenti, anch'io non avevo mai sentito Ezio Bosso e mi ha davvero colpito soprattutto per la forza d'animo. Nel campo della scrittura un esordiente deve scalare una montagna molto alta e irta di ostacoli, è per questo che bisogna essere davvero convinti e appassionati.

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    1. Sai perché non mi esprimo su Ezio Bosso? Perché ho una mia idea ben precisa e poiché so essere estrema quando voglio, preferisco evitare in sedi non opportune di fare conoscere anche certi lati del mio carattere! :)
      Io ho seguito The Voice perché c'era Piero Pelù, ma quest'anno con la Carrà e quello dell'uomo ragno... no, passerò senza rimpianto! :)

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  13. Per me i talent sono soltanto una possibilità, un modo per avvicinare persone che altrimenti sarebbero rimaste lontanissime. Non credo che vincere sia la cosa più importante; senza contare che il talento deve essere confermato ben oltre il concorsino.

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    1. Sì, alla fine è così! Un po' come dice Tenar per gli scrittori: partecipo a quanti più talent posso, così divento una "vista" e quando mi ripresento e magari arrivo a vincere, tutti dicono: "guarda chi c'è! Ma questa non è quella..."

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    2. Si. Non è neanche tanto il rendersi riconoscibili al pubblico, ma proprio l'occasione di conoscere e farsi notare dagli addeti ai lavori. Nel caso della musica, dalle case discografiche, da un cantante o musicista di successo, da qualcuno che può dire: HEI, ho delle canzoni fatte proprio per la tua voce o vediamo che roba scrivi. E così inizi a camminare, mentre c' è chi vince il concorso e sparisce perché promosso per altre logiche. Forse, per la scrittura può essere lo stesso. Io penso che la cosa importante sia coltivare il proprio talento e non stancarsi mai di tentare. :-)

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    3. Giusto. Acqua. Ogni giorno. Non facciamo "seccare" il talento, meravigliosa pianta che coltiviamo dentro di noi! :)

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  14. La cosa che mi aveva maggiormente sorpreso ai tempi di Masterpiece era la presenza di Andrea De Carlo, un autore che si è sempre posto "contro il sistema", anche nei suoi romanzi, animati da personaggi "clone" che avevano come unico scopo quello di sfuggire al conformismo. Alla fine, agli albori dei sessant'anni, anche lui è arrivato a vendersi...

    Su Sanremo le case discografiche hanno un potere immenso. Lasciamo perdere la questione dei voti di Miele (l'errore è stato reale, un mio amico era lì, e il ragazzo che ha vinto era a mio avviso molto bravo) perché dovrebbero essere altre le cose di cui scandalizzarsi. Innanzi tutto, hanno fatto sciogliere una band pochi mesi prima del festival per occupare due posti: i Dear Jack (chi sono costoro?) da un lato, e il loro ex cantante, ora solista, dall'altro. In secondo luogo, chi ci crede che gli Stadio hanno rifiutato la partecipazione all'Eurovision in quanto vincitori? Secondo me sono troppo vecchi e poco commerciali, è stato loro proposto di scrivere la canzone per la Michielin e mandarci lei. La loro vittoria non è stata molto gradita (i voti non si possono contraffarre più di tanto) a chi ha fatto di tutto per spingere la bamboccia e quella damigiana della Iurato... avere gente come la Caselli sotto il culo (excuse moi) fa tanto!

    Comunque avevo in mente un post simile; ora non so se scriverlo... :)

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    1. A questo post mancava un commento come il tuo! :D
      Sulla faccenda Andrea De Carlo stendiamo un velo pietoso: quella di Masterpiece è stata la goccia famosa di un vaso che aveva cominciato a traboccare già da un po', dopo le ultime produzioni letterarie di un autore che io amavo molto.

      Per quanto riguarda il capitolo Sanremo, purtroppo l'inghippo di Miele non poteva attirare voci diverse da quelle che si sono diffuse; tutto vero? Okay, perché non farli riesibire entrambi i due concorrenti e rimettere in gioco tutto riproponendo le loro performance? Il perché lo so: perché avrebbe rivinto Miele. Noi nisseni ci siamo coalizzati in modo spietato per votarla; non si poteva correre il rischio. Che poi, con tutta franchezza, io facevo il tifo per la ragazza per puro spirito campanilistico, ma i miei gusti musicali mi avrebbero portato a scegliere l'altro cantante! Ma questa è un'altra storia...

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    2. Miele forse aveva vinto per il televoto, ma il problema è stato in sala stampa, perché non funzionavano i telecomandi, quindi i voti non sono stati conteggiati. I vostri voti non sono andati persi, perché la seconda votazione ha riguardato solo la giuria tecnica. :)

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    3. Che forse, sta storia sarà pure la fortuna di Miele, altrimenti, magari, non se la sarebbe filata nessuno! :)

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  15. Già, non sempre vince il migliore, conosci la storia di Bradbury? (No, non lo scrittore, l'atleta)
    http://www.ilpost.it/2014/02/20/steven-bradbury/
    :P
    Non ho ancora letto Nikola Savic ma visto che fastweb mi ha gentilmente fatto omaggio dell'ebook vi farò sapere.
    PEr i premi letterari il discorso sarebbe troppo lungo, magari ne parliamo un'altra volta ;)

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    1. "doing a Bradbury" anche al festival, dunque! :D Interessante lettura, non conoscevo l'atleta né la sua incredibile storia di vittorie "miracolose"!
      (certo, anche questo sport è un autentico gioco al massacro!).

      Sì, quando ti capiterà, aggiornami sulla storia di Savic. Ma forse deciderò di leggerla anch'io!

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    2. All'epoca seguivo le olimpiadi e vissi tutte le sue performance in diretta, Fu qualcosa di incredibile, una volta il colpo di fortuna ti può capitare, ma tre volte di fila sfiora il miracolo ;)

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    3. Una piccola ricompensa del destino per i guai che aveva passato! :)

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